venerdì 2 luglio 2010

Interoperabilità, tecnocrazia, e abbagli

Mentre è alle prese con una class-action relativa ai problemi di ricezione del nuovo iPhone (problema sul quale tornerò nei prossimi giorni), Apple potrebbe trovarsi a gestire una grana potenzialmente ben più grossa.
Neelie Kroes, commissario europeo per l’agenda digitale dell’Unione Europe, in una recente intervista ha detto che "uno dei miei obiettivi principali in questo momento, è accertare che le nuove tendenza nel mondo dei beni digitali non chiudano chi acquista in un sistema che supporti i monopoli". Filosoficamente parlando, questa frase può essere pienamente condivisibile, ma i concetti espressi sono talmente vaghi che possono avere più o meno senso a seconda del contesto a cui li applichiamo: cosa si intende per "bene" e quali sono i limiti che definiscono un "monopolio"?
Proseguendo, la Kroes fa esempi più specifici: "i dati degli utenti si spostano sempre più nella Nuvola e la gente acquisisce la musica, i video e le applicazioni in maniera digitale (come accade, per esempio, con iTunes) invece che acquistarli su media fisici, e dobbiamo accertarci che tutti i protagonisti di questo mercato non possano chiudere l’interoperabilità e questo è ancora più importante dove gli standard non esistono". Qui possiamo già notare diverse contraddizioni: i dati sono una cosa, le applicazioni sono gli strumenti per elaborare e produrre dati. Gli standard si possono fare sui formati dei dati, ma non di certo sulle applicazioni... altrimenti arriveremmo al paradosso di definire degli standard anche per i sistemi operativi, e a quel punto (eliminando ogni differenza) ci troveremmo di fronte ad un unico grosso monopolio di chi ha definito gli standard... e (con tutto rispetto) mi vengono i brividi se penso che dei politici si imbattano in un simile compito. Tutto questo senza considerare il fatto che i problemi di interoperabilità e/o monopolio non hanno nulla a che fare col fatto che le applicazioni siano scaricate in rete piuttosto che acquistate su un supporto fisico: non è che se compro un software su CD/DVD questo funziona automaticamente su ogni computer con ogni sistema operativo, e se lo scarico dalla rete funziona solo dove lo scarico...
Proseguendo nei dettagli, il livello di confusione aumenta: "in futuro tutti i dipositivi dovrebbero essere in grado di comunicare con ogni tipo di servizio; le applicazioni per i prodotti Apple, come l'iPhone, sono un esempio di come un grande protagonista di mercato costringe i consumatori all’interno di una tecnologia proprietaria". Essere in grado di accedere ad un servizio non significa creare applicazioni standard, ma casomai un protocollo di comunicazione standard, ovvero un particolare tipo di "pacchetto dati" ben definito nei suoi elementi e nelle sue modalità di scambio. Le applicazioni dei prodotti Apple funzionano su iPhone e non su Android, consì come quelle per Android non funzionano su iPhone, né su WebOS, né su Windows Mobile... ma potremmo estendere il concetto anche ai sistemi operativi per computer, o ad altri beni.
Qual'è allora la soluzione ipotizzata dalla Kroes? Chiedere che "si istaurino dei processi di licenza che al momento non sono disponibili a tutti", il che non significa nulla, visto che il problema non è solo di licenze, ma è più che altro tecnico. Se il problema fosse solo di licenze (o di DRM) si potrebbe bypassare facilmente, com'è successo negli anni scorsi riguardo la musica venduta da Apple... ma in quel caso si parlava, per l'appunto, di "dati"...
L'intervista si conclude con un monito: "Ogni società che ha una posizione di mercato rilevante, e non favorisce l’interoperabilità, deve sapere che la Commissione Europea è pronta a difendere gli interessi dei consumatori", altra frase ad alta presa sul pubblico, ma che in realtà non dice nulla di concreto, anche perché non credo che l'interesse di consumatori sia quello di avere dispositivi tutti uguali che fanno tutti le stesse cose... e il fatto di avere dati e servizi "interoperabili" ha poco a che fare con le applicazioni, se non (eventualmente) per il fatto di avere applicazioni che supportino alcuni standard...

E' ovvio che è impossibile obbiligare le applicazioni presenti sull'AppStore a girare sui sistemi operativi di altri smartphone (così com'è impossibile il contrario), quindi non è molto chiaro dove si voglia andare a parare con queste dichiarazioni... restiamo in attesa di eventuali sviluppi...

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